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«Il secolo in cui scrivo è da alcuni chiamato il secolo del rame, perché è stato il men fecondo di grandi geni e di opere pittoresche; ma, se non erro, poté avere lo stesso nome dalle incisioni in rame, salite in questi anni al più grande onore. Il numero de’ lor dilettanti è cresciuto oltre modo […] ed è gran parte della civile cultura sapere i loro nomi, discernere il taglio, individuare le opere più belle di ogni incisore».
Il giudizio acuto e penetrante di Luigi Lanzi nel 1809 coglieva l’importanza crescente dell’incisione nel sistema delle arti, un atteggiamento culturale che si era ormai consolidato allo scadere del Settecento, anche grazie alla proliferazione di grandi imprese editoriali dotate di complessi apparati illustrativi. Nel novero dei fiorentini che furono coinvolti in questo genere di pubblicazioni un ruolo tutt’altro che marginale spetta a Santi Pacini (1734-1804), artista dal multiforme ingegno e capace di adempiere alle molteplici esigenze proprie del Settecento maturo, grazie alla sua peculiare versatilità e all’approfondita conoscenza delle tecniche artistiche che gli permisero di dedicarsi alla pittura e all’incisione, al restauro di affreschi e alla copia di dipinti su tavola, all’insegnamento accademico e al commercio di calchi in gesso e di oggetti d’arte.